Incorporare la chia nell’alimentazione quotidiana non è solo molto facile ma anche conveniente per la salute. Dal punto di vista nutrizionale, la chia è infatti un alimento ricco di fibra, minerali, amminoacidi essenziali e acidi grassi omega 3 sempre più carenti nella nostra dieta e a volte erroneamente associati al consumo di alimenti di origine animale. L’ideale è triturare i semi prima di incorporarli alle varie ricette in modo da aumentare la bioaccessibilità dei suoi componenti e trarre il massimo vantaggio dai suoi benefici nutrizionali.

I piccoli semi di chia (Salvia hispanica L.) sono originari del Messico. In epoca pre-colombiana, la chia era la base dell’alimentazione degli Aztechi e dei Maya, insieme a fagioli, mais e amaranto, oltre a essere considerata una pianta medicinale e addirittura usata come moneta di scambio o come offerta agli dei da alcune etnie, a conferma del fatto che le proprietà nutrizionali e terapeutiche della chia erano già state osservate. I guerrieri aztechi mangiavano semi di chia per ottenere un alto livello di energia e resistenza e nella lingua maya la parola chia significa “forza”.

Principali proprietà nutrizionali: acidi grassi omega 3, amminoacidi essenziali, minerali e fibra solubile

Attualmente, la chia appartiene al gruppo dei cosiddetti superalimenti a causa delle riconosciute proprietà nutrizionali e potenziale terapeutico.

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Il periodo delle feste natalizie ci ha dato l’opportunità di stare piú tempo a tavola. Ora é tempo di mantenere quanto appreso, imparare a fermarci e osservare i nostri comportamenti automatici a tavola, di espandere lo spazio della coscienza verso ciò che realmente ci nutre in questi momenti di festa e ritrovo e di recuperare l’aspetto ritualistico del mangiare e dell’alimentazione sensoriale.

In questo post riassumo le riflessioni scaturite nel corso del programma radiofonico “Con consapevolezza a tavola” a cui partecipai poche settimane fa, programma , ​​diretto da Cris Bolívar dell’Essential Institute e condotto da Lorelis Cova dedicato allo sviluppo personale, la saggezza e la riconciliazione con la propria essenza.

In particolare l’ultima sezione del programma – SaggiaMente a tavola: la chiamata all’azione – proponeva 3 semplici azioni consapevoli da compiere a tavola. Il motto di questo spazio fu “Fermati e osserva”:

  1. Prima di mangiare: fai attenzione e goditi ciò che “condisce” in modo invisibile i tuoi pasti e che ti nutre, oltre i bisogni fisiologici del tuo corpo. Ad esempio, approfitta delle mangiate natalizie per prendere coscienza e onorare la bellezza della tavola imbandita, i profumi che emana, il tempo e le attenzioni che lo/a “chef” di turno ha dedicato per preparare il cibo, l’amore in ogni piatto e l’importanza di condividere il rituale della tavola con i tuoi cari.
  2. Per un minuto, all’inizio di ciascun pasto: fai attenzione ai sapori degli alimenti, a come si mescolano tra loro, la loro consistenza, come diventano quasi liquidi in bocca se mastichi bene…
  3. Alla fine di ogni portata, prima di scegliere se ripetere o smettere di mangiare: presta attenzione a come si sente il tuo corpo, se senti pesantezza o leggerezza, energia o sopore, e quanto è pieno lo stomaco.

Con un pizzico in piú di consapevolezza a tavola forse ti sorprenderai a mangiar meno!

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Respirazione consapevole

Le forme di nutrirsi sono molte ma molte di esse non vengono riconosciute come tali e pertanto, ahimé, trascurate.

La respirazione (il processo di scambio di ossigeno e biossido di carbonio tra l’ambiente e il sangue) è il processo nutritivo piú essenziale e forse meno apprezzato nella nostra vita frenetica, imprescindibile non solo per la sopravvivenza ma anche per mantenere il proprio benessere psicofisico.

Respirare profundamente significa permettere all’organismo di ossigenarsi adeguatamente e ottenere così la massima energia dal cibo, favorire l’equilibrio e la salute fisica ed emozionale.

Infatti una respirazione profonda (diaframmatica o addominale):

  • Promuove l’ossigenazione del sangue
  • Garantisce una migliore ventilazione, assorbimento di ossigeno e pulizia dei polmoni con espirazione.
  • Stimola il movimento del cuore e aiuta a migliorare la circolazione
  • Assiste il transito intestinale
  • Promuove il rilassamento

Ma… la respirazione profonda non sembra essere una priorità tra gli adulti delle societá occidentali. Come mai?

A ogni stato psicofisico corrisponde un diverso modello respiratorio

La forma di respirare associata a stati di stress, ansia, nervosismo o altri disagi fisico o emozionali è superficiale, aritmica e poco frequente. Respirare meno profondamente (“trattenere il respiro”) è una reazione che spesso inneschiamo involontariamente al fine di attutire delle emozioni o sensazioni fisiche sgradevoli, per mettere a tacere un dolore che se vissuto al 100% potrebbe sovrastarci.

La respirazione più frequente tra gli adulti delle societá occidentali è proprio quella superficiale, il che comporta l’ispirazione di una quantità d’aria sub-ottimale. Si tratta infatti di una respirazione generalmente clavicolare o al massimo toracica, ma non addominale (il diaframma non si contrae suficientemente come per “gonfiare” pienamente l’addome). Respiriamo superficialmente per sopravvivere e non sentire  (e ahimé non vivere) troppo.

Osservare il nostro modo di respirare ci fornisce molte informazioni su noi stessi e sul nostro attuale momento di vita. Ci aiuta a capire se invece di fermare lo stress … lo stress ci attanaglia (e con noi anche il nostro diaframma…sigh..). Ci invita a riflettere se nutriamo e ossigeniamo abbastanza il nostro corpo, se stiamo vivendo pienamente o se al contrario non riusciamo ad accettare ciò che accade nella nostra vita in ogni momento.

Sia nei processi individuali di Coaching per l’Alimentazione che nei programmi di gruppo di Mindful Eating (Alimentazione Consapevole), poniamo uno speciale focus di attenzione sulla respirazione. Attraverso semplici momenti di autoosservazione e riflessione condivisa, prendiamo consapevolezza di qual é il nostro modello piú frequente di respirazione, e quindi di vivere. Senza voler inizialmente cambiare né forzare nulla, impariamo pian piano a conoscerci di piú, a riposare la mente per liberare il corpo da tensioni ormai automatiche e incoscienti, smettendo di lasciare nelle mani di un pilota automatico uno dei processi di nutrizione piú importanti per la nostra vita e il nostro benessere.

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La nostra bocca “registra” di aver mangiato qualcosa quando partecipa attivamente al processo, non semplicemente deglutendo, per questo una buona parte del piacere di mangiare deriva dalla masticazione. In questo articolo descrivo i vantaggi dello Slow Eating (mangiare lentamente), principale pilastro su cui si appoggia l’Alimentazione Consapevole e condivido alcuni facili accorgimenti utili per allenarsi a rallentare il ritmo a tavola, seguendo le indicazioni della grande maestra Zen e mia diretta insegnante Jan Chosen Bays, autrice del libro Mindful eating : a guide to rediscovering a healthy and joyful relationship with food.

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L’antipasto é l’equivalente moderno della gustatio romana, già di gran moda più di 2000 anni fa. Esempio di come l’ars coquinaria della Roma imperiale ha lasciato una grande eredità alle nostre abitudini alimentari attuali e ai rituali associati alla convivialità del mangiare.

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Alimentazione e stress

Come descrive Marc David nel libro The slow down diet, mangiare cibi sani è solo metà dell’equazione di una buona alimentazione: l’altra metà dipende da se stiamo mangiando sotto stress, o se al contrario ci troviamo in un stato psicofisico ideale per digerire e assimilare gli alimenti. La vitamina T (di «Tempo») da dedicare ai pasti è un supernutriente essenziale per gustare il cibo e favorire una corretta digestione.

Mangiare cibi sani è solo metà dell’equazione di una buona alimentazione: l’altra metà dipende dal livello di stress presente nella nostra vita e a tavola.

Mangi velocemente o lentamente?

Se hai risposto “lentamente”, mi congratulo con te. Se invece pensi di essere lontano dal mangiare lento e magari condisci con un pizzico di stress la tua esperienza alimentare…varrebbe la pena di prestare attenzione a come mangi prima ancora di cosa mangi.

L’abitudine di mangiare in fretta non è che una delle tante scomode eredità della nostra cultura, innamorata della velocità. Mangiare sotto stress non è solo comune, spesso sembra essere un vero e proprio “requisito sociale” necessario per mantenere un lavoro, una famiglia organizzata, una vita al passo con i tempi.

Bisognerebbe però fermarsi un attimo a riflettere se i ritmi moderni siano realmente imposti o se siamo noi ad auto-imporci quotidianamente dosi di stress inutili e dannose. Anche a tavola.

Quando lo stress é “fisiologico”

La risposta dello stress è un fenomeno fisiologico complesso e funzionale: si tratta di un meccanismo di sicurezza perfezionato nel corso della nostra storia evolutiva inizialmente finalizzato a garantire la sopravvivenza in situazioni di pericolo per la vita.

In una situazione di reale pericolo (un agente aggressore, un disastro naturale, un incidente che mette improvvisamente a rischio la nostra incolumità), l’organismo attiva una serie di cambi metabolici espressamente diretti a garantire la sopravvivenza e massimizzare l’efficienza delle due possibili risposte al pericolo: lottare o fuggire. Quando la risposta allo stress è attivata, aumentano i livelli ematici di ormoni che aiutano a fornire energia immediata per la lotta o fuga (adrenalina, noradrenalina, cortisolo), la frequenza cardiaca accelera, la pressione arteriosa aumenta, la respirazione diventa più veloce e meno profonda e il flusso sanguigno viene deviato dal centro del corpo al cervello (per pensare rapidamente) e agli arti inferiori e superiori, per avere energia disponibile per combattere o fuggire.

Ha quindi tutto il senso del mondo che in un momento percepito come di pericolo e lotta per la sopravvivenza l’organismo non sprechi energia nel digerire la colazione o il pranzo!

Stress disfunzionale: allarme permanente

Il problema arriva quando viviamo letteralmente in uno stato di allarme permanente e in assenza di un reale pericolo di vita, sottoponendo il corpo a uno stato di stress cronico di basso livello.

Credo che sia successo a tanti di mordicchiare il ciambellone e buttar giù il caffelatte a grandi sorsate mentre ci vestiamo e ci prepariamo in fretta a uscire per evitare di arrivare tardi al lavoro, o di consumare un pranzo in fretta di fronte al computer, sopraffatti dal lavoro, o di mangiare mentre mentalmente rivediamo tutte le cose da fare nella giornata e pensiamo a tutt’altro fuorché al cibo che stiamo ingerendo. O di cenare arrabbiati per una discussione avuta poco prima con il nostro partner o i nostri figli, rimuginando e nutrendo la rabbia invece di lasciarla andare e dedicarci al piacere di mangiare.

In questi momenti di stress, il corpo non ha la minima idea di cosa stia realmente succedendo, e ancor meno la capacità di comprendere che non c’è nessun reale pericolo di vita o di morte: dal momento in cui il cervello percepisce lo stress, e in base alla sua intensità, i ​​vari cambiamenti fisiologici che garantiscono le risposte di lotta o fuga vengono comunque attivati, compreso un certo blocco digestivo.

Non c’è quindi da stupirsi se quando si mangia in uno stato di ansia o stress si possono presentare  sintomi come bruciore di stomaco, gas, coliche o crampi, stanchezza dopo i pasti e molti altri disturbi digestivi cronici. Molte persone hanno la sensazione che il cibo si paralizzi nello stomaco, e questo è davvero ciò che accade finché il corpo non esce dallo stato di “pericolo” e ritorna al normale funzionamento digestivo.

La dieta della lentezza 

Darsi l’opportunità di mangiare lentamente e ritagliarsi consapevolmente un tempo per vivere ogni pasto (e la vita) in modo tranquillo è un atto compassionevole verso il proprio corpo e la mente.

Se ti sei auto-diagnosticato una carenza di vitamina T (di Tempo), il primo passo verso la cura inizia identificando qual è il pasto della giornata che consumi più velocemente, con un più alto livello di stress o con meno attenzione al cibo e all’atto di mangiare. Dopo questa fase di auto-osservazione e consapevolezza, potrai sperimentare un nuovo modo di vivere l’esperienza del mangiare: regalandoti tempo a ogni pasto, cercando un contesto più piacevole e confortevole, godendo di una pausa preziosa dal ritmo quotidiano.

Ad esempio, se di solito fai colazione in cinque minuti, in piedi mentre ti vesti o rispondi alle prime e-mail del giorno, scopri come ti senti a fare colazione prendendoti dieci minuti di tempo invece di cinque, sedendoti a tavola con la schiena appoggiata allo schienale della sedia, respirando tra un boccone e l’altro e concentrando la tua attenzione su nient’altro che il cibo.

Aumentare il tempo trascorso a pranzo o a cena può richiedere una maggiore riorganizzazione degli orari e delle attività quotidiane e un certo grado di collaborazione da parte del proprio contesto famigliare o professionale. Ma anche in questo caso, li cambio di abitudini è possibile: una strategia potrebbe essere quella di condividere la propria intenzione di aumentare i livelli di vitamina T con familiari, collaboratori o manager, per trovare complici incuriositi e altrettanto motivati e rendere l’ambiente facilitante prima di passare all’azione.

Trasformare in meglio il proprio stile di vita è fatto di questi piccoli passi, ripetuti giornalmente e ben assestati, affinché il cambio sia gradevole e duraturo. Gli effetti di un trattamento a base di vitamina T saranno notati ben presto sia nel corpo che nello spirito. Sperimentare per credere.

Spunti bibliografici:

Marc David. The Slow Down Diet: Eating for Pleasure, Energy, and Weight Loss.

Sara TulipaniPhD

Life Coach specializzata in cambi di alimentazione e stile di vita

Dottorato di Ricerca in Alimenti e Salute

Master Internazionale in Nutrizione e Dietetica – FUNIBER

www.saratulipani.com

info@saratulipani.com